Hoy me dejo estar. Quiesiera transformar mi vida en una larga, torpe, siesta paraguaya.
[…]
Tuve mis cuatro alegrías y mis ocho dolores. Fui extranjero en todas partes y bebí la sal de todos los vientos. Se ensangrentaron mis puños golpeando portales que no se abrían y mi voz se rompió con el último alarido. Y entonces, come en la vieja fábula del zorro y las uvas, dije que nada valía nada, porque nadia había conseguido apresar. Estoy, pues, como antes de soñar: sin nada. O, peor, porque ya ni sueños tengo.
(Roberto Mariani)
Un incubo
è solo un sogno
che si è realizzato.
Cammino tra la pioggia
mescolandomi alla gente,
confuso come una nebbia
dell’occidente.
Ascolto
il suono del silenzio
che rimbomba lontano
e ricorda una stagione
che ancora deve apparire.
Uno sguardo mi trapassa
il cuore per perdersi
nell’oscurità dell’anima.
Parole che non ascolto
sussurrano lente
di un futuro
che è già dimenticato.
Mi perdo inseguendo
un volto sconosciuto
ammirato in uno specchio
nella notte più fredda
di un secolo lontano.
Non c’è perdono,
non c’è salvezza
nell’attesa di messia.
Un tic tac stonato
accompagna il mio respiro
e mi dissolve in un tramonto
di stelle del color del sale.
Un incubo è solo un sogno che si è realizzato.