Hoy me dejo estar. Quiesiera transformar mi vida en una larga, torpe, siesta paraguaya.
[…]
Tuve mis cuatro alegrías y mis ocho dolores. Fui extranjero en todas partes y bebí la sal de todos los vientos. Se ensangrentaron mis puños golpeando portales que no se abrían y mi voz se rompió con el último alarido. Y entonces, come en la vieja fábula del zorro y las uvas, dije que nada valía nada, porque nadia había conseguido apresar. Estoy, pues, como antes de soñar: sin nada. O, peor, porque ya ni sueños tengo.
(Roberto Mariani)
Mi incamminai sulle traversine, calcolando la distanza per non inciampare perché il terrapieno diventava sempre più alto. La pila faceva una luce gialla molto tenue, appena sufficiente per sentire la compagnia del gatto che camminava davanti a me. Proseguii per tutta la notte e quando alla fine cominciò ad albeggiare individuai le forme di un treno molto lungo che sporgeva sul binario morto di una biforcazione. Il segnale di partenza era abbassato e il semaforo era verde ma sulla locomotrice non vidi nessuno e i vagoni avevano le tendine abbassate. Spensi la pila e andai a vedere se per caso il macchinista non si fosse addormentato. Prima di salire battei le mani ma non ebbi risposta e nella cabina trovai solo diverse cavallette morte e un foglio di corsa agganciato al cruscotto. La partenza era prevista per le otto ma non diceva di quale giorno n conoscevo la data. Tirai la corda per far suonare il fischio come mi aveva detto il grosso e aspettai per vedere se arrivava qualcuno. L’unica cosa che si sentiva era il sibilo dell’aria che entrava dai vetri rotti. Scesi scivolando per il terrapieno e corsi verso la carrozza del capotreno ma era vuota anche quella. Il gatto saltò per salire e rimase a guardare gli arbusti secchi portati dal vento. Allontanai le erbacce che mi si erano arrotolate alle gambe, portai la borsa nell’ultimo vagone e aprii tutti i finestrini per far entrare il sole. Poi tirai fuori l’ultima birra e mi sedetti ad aspettare che il treno partisse.